Questa mattina leggiamo della proposta di Virginia Raggi a Claudio Lotito: «La Lazio può prendersi i Flaminio ristrutturato e costruire uno store e un albergo, entrambi di proprietà».
Tanti anni fa, quando Lotito irruppe nel panorama calcistico italiano, scelse una personalissima “guerrilla marketing” fatta di frasi a effetto fatte in casa, con gesti e movenze che si rifacevano al teatro plautino. Tra le tante gag contro il calcio moderno proposte dall’ambizioso imprenditore spuntato fuori dal nulla, c’era questa: «Mica so’ un magnager. Hai capito? Questi non so’ manager, so magnager!». Il Masaniello del pallone riuscì così a conquistarsi i “voti” populisti e cominciare una carriera di politica sportiva che ancora da’ i suoi frutti.
«Magnager». Quelli del cemento ovunque, i palazzinari che se ne fregano del territorio e delle tradizioni, gli speculatori del pallone che hanno svuotato gli stadi per riempire – nei loro sogni – contenitori senza nome (perché il nome se lo vendono ancora prima di posare l’ultima pietra in curva) con attorno centri commerciali e palazzi di sette piani su terre paludose e precarie.
Claudio Lotito ha fatto subito sapere, 12 ore dopo l’annuncio dei Raggi Americani, che anche lui vuole fare lo stadio. Anche lui vuole costruire sulla Tiberina, su terreni dichiarati da tempo non idonei a una mega costruzione. Per carità, è un suo diritto farlo. Chi non vorrebbe veder schizzare in alto il valore di una sua proprietà grazie alla Lazio e all’amore dei suoi – ormai pochi – tifosi attivi.
Gli altri hanno abbandonato da tempo la militanza. «Perché gli stadi sono vecchi e da rifare» ci hanno spiegato i «magnager». Sappiamo che non è così, perché anche a Catanzaro dove il “Ceravolo” è una catapecchia che si sbriciola, la gente continua ad andare a sostenere una squadra perennemente sull’orlo del baratro (Lega Pro). I tifosi meno praticanti hanno visto spolpata la lazialità da gag comiche, barzellettieri da whatsapp e cause di lavoro ai dipendenti dettate da sintomi di impotenza gestionale.
Il Flaminio, lo Stadio Torino, è l’Atlantide della storia sportiva laziale. Il continente misterioso e sommerso che, riportato alla luce, regalerebbe le testimonianze di una civiltà tutt’ora esistente. Una civiltà che ha voglia di esserci ed esportare la propria storia ai posteri.
La proposta della sindaca Raggi, e di tanti altri prima di lei, è da prendere al volo. Una casa della Lazio proprio dove la Lazio è nata. Nel centro di Roma, a pochi passi da Piazza della Libertà. Tradizione. Perché di questa è fatta la Lazio. L’unica squadra della Capitale. Perché gli altri, ormai, hanno già traslocato fuori dal Grande Raccordo Anulare.
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Sono perfettamente d'accordo e li sino da sempre... la mia adolescenza passata anche allo stadio Flaminio quando lì la Lazio si allenava... abitavo attaccato allo stadio, in via Girolamo da Carpi.
Una storia la nostra che dovrebbe avere una sola casa: il Flaminio.